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SPORTIVE: SOLO TRASPORTO?
Il dubbio amletico sulla possibilità di porto per difesa e per caccia delle armi classificate sportive si perde nella notte dei tempi e, nonostante i fiumi di inchiostro versati per cercare di dare una risposta, la problematica è rimasta irrisolta dal 1986.
Riteniamo opportuno ritornare sull’argomento, siccome, in questi ultimi tempi, sono state classificate sportive diverse armi, per venire incontro agli appassionati delle varie discipline di tiro, per cui il tema del porto e/o trasporto è ritornato di particolare attualita’.
La legge lo Bello, n. 85 del 25 marzo 1986, istituendo la nuova specie delle armi sportive, aveva previsto che è consentito il solo trasporto con apposita licenza annuale (art. 3).
Con questa limitazione, si potrebbe ipotizzare che il legislatore abbia voluto agevolare gli appassionati del tiro sportivo, ampliando il numero delle armi detenibili, ma, nel contempo, impedire che le sportive potessero essere impiegate in altre attività, come caccia o difesa, non ritenendo opportuno aumentare il numero delle armi detenibili comuni e da caccia.
L’interpretazione che tali particolari armi dovessero essere solo trasportate e, addirittura, con apposita licenza, veniva ulteriormente rafforzata dallo stesso Ministero dell’Interno, con la prima circolare esplicativa del 2 ottobre 1986.
Infatti, con quest’ultima si precisava che anche coloro i quali sono già in possesso di licenza di porto di fucile per uso caccia o di porto di pistola per difesa personale possono trasportare, senza la prevista licenza le armi sportive.
Comunque, il dubbio amletico non sembrò risolto dalla suddetta circolare, per cui il Ministero formulò un quesito al Consiglio di Stato, per conoscere se il titolare di licenza di porto d’armi potesse, o meno, portare anche le armi sportive. Il Consiglio di Stato, concordando con la tesi negativa avanzata dal Ministero, stabilì che il titolare di licenza di porto d’arma non è abilitato a portare armi per uso sportivo (parere n. 1524, 29 settembre 1987).
L’interpretazione restrittiva sull’uso di dette armi fu ulteriormente ribadita nei primi anni novanta. Infatti, il Ministero ritenne,addirittura, che la licenza di trasporto delle armi sportive avesse abrogato la licenza di porto di tiro a volo, prevista dalla L. n. 323, del 18 giugno 1969. Tale interpretazione fu avallata dal Consiglio di Stato, con il parere n. 1241, del 6 maggio 1992, ove si stabiliva che la legge Lo Bello regola l’intera materia, già disciplinata dalla legge 18 giugno 1969, n. 322, per cui, la nuova legge ha fatto venir meno lo stesso istituto speciale della licenza di porto d’armi di fucile per uso di tiro a volo.
Quest’ultima interpretazione fu confermata dal Consiglio di Stato con il secondo parere n.290, del 21 aprile 1993, diramato dal Ministero con circolare del 23 luglio 1993.
La conseguenza fu che il Ministero dispose il ritiro delle licenze di porto di armi per tiro a volo, con le circolari del 23 e 25 luglio 1993.
Nel contempo, si sollecitarono gli uffici periferici a rilasciare tempestivamente la licenza di trasporto di armi sportive a coloro che avessero voluto continuare l’attività di tiro a volo, richiamando, però, l’attenzione sulla obbligatorietà di iscrivere in detta licenza di trasporto solo i fucili classificati armi sportive (circolare 23 luglio 1993).
Tali interpretazioni restrittive poterono essere superate solo con la nuova legge del 24 dicembre 1993, n. 538, art. 16, con la quale venne ripristinata la validità della licenza di porto d’armi per il tiro a volo.
Tuttavia il Ministero ritenne opportuno ribadire che le armi sportive possono essere soltanto trasportate con licenza del questore, ma non portate, anche nel 1995, con la circolare del 19 settembre.
E’ di chiara evidenza che l’interpretazione letterale della legge Lo Bello, in particolare l’obbligo del solo trasporto delle armi sportive (art. 3), adottata dal Ministero senza se e senza ma, comportava e comporta problematiche di non poco conto. Si pensi, ad esempio, all’assurdo che, anche il titolare di licenza di porto, non può fare uso di armi sportive in quei campi di tiro, non riconosciuti dalle federazioni, privi del controllo di un direttore di tiro, come, a maggior ragione, non potrebbe farne uso anche chi sia in possesso di sola apposita licenza di trasporto di armi.
Inoltre, la problematica è maggiormente sentita in questi ultimi tempi, considerato l’aumento delle classificazioni di armi sportive, che potrebbero essere usate anche per lavoro, caccia e difesa.
Peraltro, la mancata osservanza dell’obbligo del solo trasporto, anche da parte di chi sia titolare di licenza di porto, pur in assenza di specifica sanzione, potrebbe comportare la contestazione del reato di porto illegale, a termine della legge n. 895/1967.
Dottrina e giurisprudenza non risultano essere di aiuto per ipotizzare una soluzione della problematica; addirittura il Consiglio di Stato ha riconosciuto la legittimita’ dell’applicazione del divieto di detenzione di armi nei confronti di un cittadino che aveva esploso un colpo in aria, a scopo intimidatorio, per allontanare i ladri dall’abitazione, siccome il fucile utilizzato era stato acquistato con il porto di fucile per tiro a volo e non con quello per difesa ( Cons. St. n. 8522/2022).
Comunque, è opportuno ricordare che lo stesso Ministero , con la circolare del 14 febbraio 1998, relativa al Trasporto di armi comuni da sparo, precisa che i titolari di licenza di porto d’armi di cui all’art. 42 del TULPS possono portare il tipo o i tipi d’armi indicati nell’autorizzazione, dimenticandosi, volontariamente o involontariamente, di vietare il porto delle armi classificate sportive.
Non è facile prospettare una soluzione, ma, una cosa è certa: il Ministero e lo stesso Consiglio di Stato avrebbero potuto evitare tutto questo inutile lavoro interpretativo, se qualcuno fosse stato così diligente di andarsi a leggere i lavori della Commissione parlamentare che introdussero la legge Lo Bello. Infatti, si può rilevare che, già in sede di discussione parlamentare, erano stati sollevati dubbi, in particolare sulla limitazione del trasporto delle armi sportive, anche da parte di chi fosse titolare di licenza di porto d’armi per il tiro a volo.
La soluzione finale adottata fu quella di impegnare il Governo, in sede di applicazione della legge, a considerare che, ai fini dell’art. 3, sono fatte salve le facoltà di porto e trasporto delle armi per i soggetti muniti di regolare porto d’armi lunghe e corte.
Purtroppo il Governo in carica non mantenne la promessa, che cadde nel dimenticatoio, né nessuno del Ministero si preoccupò di andarsi a leggere gli atti parlamentari prima della redazione delle citate circolari, tutte in contrasto con l’interpretazione autentica data dallo stesso legislatore al momento dell’approvazione della legge.
Con l’aggravarsi della problematica, Il Ministero potrebbe trovare il tempo per risolverla con una semplice circolare, facendo propria tale interpretazione autentica.
E’ difficile pensare che un soggetto, munito di porto d’armi, possa diventare un pericolo per la tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica, solo perché esercita la sua attività lavorativa, la caccia o la difesa con armi classificate sportive, peraltro sempre comuni.
Errare è umano, ma perseverare è …………!
Firenze 9 dicembre 2024 ANGELO VICARI
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